sabato 14 giugno 2008

STATI UNITI: POLITICA DI PAESE E NON DI PARTITO

Gli Stati Uniti, hanno la possibilita' di cambiare la storia. L'esito delle primarie, ha dato la possibilita' al candidato dei democratici, Barak Obama, di puntare alla Casa Bianca. Gia' piu' volte ho ribadito in questo spazio, che pur essendo io ideologicamente piu' a destra, stravedo per Obama, perche' vedo in lui prima di tutto una persona fuori dall'establishment, un candidato che rappresenta in modo schiacciante, il nuovo che avanza. A prescindere dalla pelle nera, Obama va ad identificare una vera forma di rinnovamento indipendente. Provate per un attimo ad immaginarlo bianco ma con lo stesso modo di parlare, di esporre i suoi programmi, il modo di coinvolgere la gente, il suo innovativo sistema di far campagna elettorale, la sua giovane eta'. Queste doti, sarebbero tutti elementi comunque a suo favore che gli permetterebbero di farlo fuoriuscire dalla logica di una politica basata esclusivamente sul colore della pelle, che mi sembra anche riduttiva e fuorviante nei suoi confronti e limitativa delle sue capacita' di vero leader a prescindere. Vi siete mai chiesti perche' piace tanto anche ai bianchi ed alla middle-class? Con o senza Obama, gli Stati Uniti tuttavia, dovranno rivedere il loro modo di far politica. Un elemento che in pochi riescono ad intravedere, e' il tramontare di una logica degli schieramenti e delle correnti anche per la politica americana. Viviamo un'epoca di globalizzazione economica che influenza anche la politica.Un tempo la politica governava l'economia, oggi e' l'economia globale che influenza il potere politico che a sua volta si piega ai dictat di un'economia di potere. Oggi con un contesto internazionale così mutato, gli Stati Uniti dovranno compiere una politica di ampio respiro come paese di riferimento e non come espressione della propria corrente di pensiero politico interno. Se Obama vince, come spero, le truppe statunitensi non abbandoneranno l'Iraq in 6 mesi, l'Afghanistan non diventera' improvvisamente un territorio dove regna la democrazia. Se i democratici andranno al potere - che senso ha parlare ancora di potere politico - l'Iran non cambiera' il suo atteggiamento sul nucleare e su i propositi di distruzione di Israele. Se i repubblicani perderanno, il petrolio non credo scendera' a 70-80 dollari al barile e lo stesso dollaro non si portera' al valore dell'introduzione dell'euro intorno a 1,20 . E l'Asia, con Cina e India nella loro sfrenata corsa al loro tardivo ed improvviso, accelerato e scellerato benessere, con una richiesta esorbitante di materie prime e generi alimentari che sta sconvolgendo l'intero pianeta, appunto l'Asia, cosa se ne puo' importare se vincera' McCain o Obama? Non c'e' piu' la guerra fredda. A breve ci si rendera' conto, che non esiste un problema islamico o che quest'ultimo non e' il problema piu' assillante e limitativo a livello globale. Ci si dovra' scontrare contro una realta' in cui il problema principale sara' la scarsa crescita economica dei paesi industrializzati del xx secolo, in contrasto con l'esponenziale sviluppo di paesi che fino a 10 anni or sono gravitavano nell'orbita del cosiddetto terzo mondo. Anche negli States, ci si rendera' conto che la politica dovra' alzare bandiera bianca nei confronti dell'economia. Lo stesso che accade in Italia. Nel bel Paese, scontiamo 15 anni di sterile contrapposizione tra berlusconiani ed anti-berlusconiani, che fanno seguito ad un cinquantennio di lotta ideologica tra liberisti e statalisti. Intanto il nostro Paese crolla sotto le sue contraddizioni, impoverito nell'economia, invecchiato nelle sue istituzioni e nell'eta' dei suoi abitanti, incastrato in una logica europeista che di europeo ha solo il nome, alla pari di tutti i paesi che ne fanno parte, frantumati nel loro oscillare tra regolamenti nazionali e continentali, in una vera forma di caos legislativo, dove si accentua la mancanza per il vecchio continente di un unico ordinamento costituzionale, un'unica lingua, un'unico spirito di appartenenza. Questo di sicuro ha l'America piu' di noi europei: il considerarsi un unico Paese. Chiunque sara' il vincitore alle prossime elezioni, sapra' di essere il Presidente del piu' grande, unito, coeso paese al mondo e dovra' adottare una condotta - non uso volutamente il termine politica - di riferimento per il mondo intero, in una logica di mutato contesto internazionale.

Dimenticavo un particolare: anche con Obama presidente, lo sventolare della bandiera Americana, spesso sara' fischiato dalla gente.

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