sabato 7 febbraio 2009

ESISTE ANCORA LA POLITICA?

La politica e' sempre piu' distante dal Paese e dalle sue esigenze.
Mentre la crisi economica produce quotidianamente danni alle famiglie, i nostri politici perdono tempo prezioso, dimenandosi in contrapposizioni sterili, dimenticando le proprie responsabilita' in questo delicato momento storico che rappresenterebbe al contrario, un' occasione di necessaria condivisione di intenti.
Si continua ad andare avanti a colpi di spot, come una interminabile campagna elettorale.
In entrambi gli schieramenti, i politici danno il meglio di se, in termini di rissa e chiassosita' dialettale, confondendosi con chi della piazza ne fa un uso pubblicamente riconosciuto come happening di denuncia comico-delirante.
La gente e' stufa. Non voglio nemmeno soffermarmi su quello che maggiormente affligge la politica nazionale, cioe' lo scandalo giudiziario continuo su entrambi gli schieramenti. Vorrei puntare l'attenzione sul mero aspetto politico.
Viviamo una fase di appiattimento ideologico ed omologazione concettuale della sfera politica, di quella sfera sociale e civile quindi, che al contrario dovrebbe rappresentare una fonte di continuo rinnovamento fattivo e di concreto impegno volitivo da parte dei suoi rappresentanti.
L'entrata in campo di Berlusconi rappresento' una novita' dirompente nel modo di fare politica. Gli italiani si sentirono liberi di riappropriarsi della cosa pubblica, un qualcosa che tramite il filtro della partitocrazia pentapartitica era diventato distante ed inavvicinabile al comune cittadino.
Il sistema politico mutava radicalmente, nasceva il bipolarismo, dove pero' le linee guida dei 2 movimenti non provenivano dal vertice delle due correnti ma dalle mediane centriste, che determinavano in tal senso, un unico pensare politico camuffato.
Penso che col tempo, il Premier e cio' che lui rappresenta nella variegata complessita' del suo agire sia diventata per assurdo, un elemento di limitazione troppo marcato per la crescita politica del nostro Paese.
Nel corso di questi lustri infatti, la sinistra ha perso la sua connotazione di forza politica a favore delle masse deboli, incentrando le sue battaglie piu' verso l'uomo Berlusconi che non a favore del singolo cittadino piu' debole e sfavorito.
Per far questo, i discendenti di Berlinguer, unitisi con la parte piu' "mancina" della D.C. hanno determinato un partito-ammucchiata, l'Ulivo, dove tutti erano al contempo schierati contro un unico nemico, ma divisi nelle proprie strategie interne.
I maggiori protagonisti di questa corrente, avendo preso coscienza che in troppi non si convergeva su un bel niente, hanno poi dato vita ad una sorta di partito liberal, dalle connotazioni europeiste, un mix di forzata e imborghesita tendenza radical-chic ed universitario intellettualismo salottiero. Nasce il PD, neorealistica manifestazione della crisi della vecchia sinistra italiana, un film ideato da Prodi, impersonificato da Veltroni e diretto da D'Alema, riproposizione moderna con interpreti vecchi, del catto-comunismo.
A destra si e' prima creata un'unica casa di appartenenza, quelle delle Liberta', dove i singoli soggetti delle diverse correnti fingevano di propinare ai loro elettori la continuazione di un proprio autonomo pensiero, gia' al contrario intriso del volere del proprio padrone di casa.
Fino a che, il suo stesso leader guido' la sua corrente e il suo popolo verso la formazione di un unico movimento unitario: il PDL
Cio' ha snellito il quadro politico e in virtu' dell'ultimo esito elettorale anche quello parlamentare.
Ma si e' detreminata al contempo nel Paese, una sorta di omogeneizzazione e standardizzazione della politica, un tendere verso forme e modelli di moderatismo decisionale, in forza dei decisionismi monopolistici dei due maggiori leader che spesso contribuiscono a confondere le originali matrici di appartenenza dei due diversi raggruppamenti.
Credo per quanto mi riguarda, e' il giunto il momento di prendere una pausa, non piu' partecipando emotivamente e in modo accecato a questo ipnotico gioco delle parti, ma guardando dalla finestra il loro delirante sovrapporsi concentrico, la loro effimera contrapposizione che finisce per essere uno specchio in cui si proietta un unico ed omologato pensiero in simbiosi .

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