Napoli e la Campania hanno visto negli ultimi anni aumentare le loro difficolta'.
L'emergenza rifiuti - non completamente scongiurata - e quella della criminalita' organizzata, non sono che punte di un iceberg fatto di abbandono, degrado, poverta', impoverimento socio-culturale, mala-politica.
Spesso, in modo cinico, strategico, queste difficolta' sono state adoperate ad arte dagli amministratori locali, per occultare i loro fallimenti ordinari, come conseguenza di una eccezionale straordinarieta'.
Da tempo pero' questo territorio non reagisce. Fisiologicamente poi, il popolo campano e' portato ad un atteggiamento di "autoflagellazione", accentuando così in modo cinico, i suoi problemi, in una forma di autorappresentazione che sfocia in masochismo esistenziale.
Da tempo la classe imprenditoriale trova solo ostacoli nel suo sviluppo.
Da tempo la borghesia e gli intellettuali hanno abbandonato il territorio. I pochi rimasti non contribuiscono a predisporne il riscatto ma ne accentuano la decadenza, con una testimonianza ed un impegno sociale che esalta questo disfacimento.
Invece di fare da traino per far reagire la societa', al contrario ne sanciscono il crepuscolo, evidenziandone i limiti , divenuti anche grazie alle loro testimonianze, epressione di un humus decadente, dalle connotazioni antropologiche.
Il mondo della cultura campano si e' trasformato in un amplificatore dei media convenzionali, dove la cronaca finisce di essere elemento di denuncia e diventa spettacolo. In questo spettacolo pero' non vengono proiettati i fallimenti degli attuali amministratori, divenuti ormai, vera "casta dinastica". Abusi, consulenze, concussioni e ladrocinii non vengono trasformati in opere letterarie.
Gli intellettuali quindi, non riuscendo ad imporre propri elementi di elevazione sociale fanno da eco a quegli interpreti estemporanei che da semplici protagonisti della realta', sono diventati narratori della stessa. Da Saviano alla giornalista Capacchione - a breve uscira' un suo libro sulla camorra - passando per il p.m. Cantone, la cronaca diventa narrativa. Questa poi si trasforma in una sorta di "mitologia" della devianza. A breve, dato il suo propagarsi inflazionato, diventera' folklore o come si usa dire oggi, glamour. Si perdera' il valore della denuncia, aumentera' quello del costume - indicativa e' la diffusione di dvd falsi sul film Gomorra, realizzati dalla stesse organizzazioni malavitose -.
Il problema quindi non e' l'opera meritoria e coraggiosa degli autori di questo nuovo filone narrativo ma il fatto che la societa' e la cultura non reagiscono proponendo autonomi modelli alternativi.
Per intenderci, e' indicativo che non ci sia uno scrittore, un saggista, un filosofo di spessore che esalti le gesta di un magistrato ma che quest'ultimo diventi oratore di se stesso.
Da tempo pero' questo territorio non reagisce. Fisiologicamente poi, il popolo campano e' portato ad un atteggiamento di "autoflagellazione", accentuando così in modo cinico, i suoi problemi, in una forma di autorappresentazione che sfocia in masochismo esistenziale.
Da tempo la classe imprenditoriale trova solo ostacoli nel suo sviluppo.
Da tempo la borghesia e gli intellettuali hanno abbandonato il territorio. I pochi rimasti non contribuiscono a predisporne il riscatto ma ne accentuano la decadenza, con una testimonianza ed un impegno sociale che esalta questo disfacimento.
Invece di fare da traino per far reagire la societa', al contrario ne sanciscono il crepuscolo, evidenziandone i limiti , divenuti anche grazie alle loro testimonianze, epressione di un humus decadente, dalle connotazioni antropologiche.
Il mondo della cultura campano si e' trasformato in un amplificatore dei media convenzionali, dove la cronaca finisce di essere elemento di denuncia e diventa spettacolo. In questo spettacolo pero' non vengono proiettati i fallimenti degli attuali amministratori, divenuti ormai, vera "casta dinastica". Abusi, consulenze, concussioni e ladrocinii non vengono trasformati in opere letterarie.
Gli intellettuali quindi, non riuscendo ad imporre propri elementi di elevazione sociale fanno da eco a quegli interpreti estemporanei che da semplici protagonisti della realta', sono diventati narratori della stessa. Da Saviano alla giornalista Capacchione - a breve uscira' un suo libro sulla camorra - passando per il p.m. Cantone, la cronaca diventa narrativa. Questa poi si trasforma in una sorta di "mitologia" della devianza. A breve, dato il suo propagarsi inflazionato, diventera' folklore o come si usa dire oggi, glamour. Si perdera' il valore della denuncia, aumentera' quello del costume - indicativa e' la diffusione di dvd falsi sul film Gomorra, realizzati dalla stesse organizzazioni malavitose -.
Il problema quindi non e' l'opera meritoria e coraggiosa degli autori di questo nuovo filone narrativo ma il fatto che la societa' e la cultura non reagiscono proponendo autonomi modelli alternativi.
Per intenderci, e' indicativo che non ci sia uno scrittore, un saggista, un filosofo di spessore che esalti le gesta di un magistrato ma che quest'ultimo diventi oratore di se stesso.
Oggi tutti fanno a gara ad esternare il marcio, non rendendosi conto che in questa maniera diventeremo tutti - propositori e riceventi il messaggio - attori di una glorificazione celebrativa di un periodo di decadenza, compromettendo seriamente le attrattive positivita' del territorio, testimonianze storiche-artistiche-paesaggistiche di raro splendore ma anche gli eccellenti esempi di imprenditoria e artigianato locale, unicita' invidiate nel mondo che oggi sono oscurate da questo modello di cultura, volutamente crepuscolare.
11 commenti:
Napoli è una città che mi ha lasciato il segno. Ho lavorato per circa un anno e mezzo nel tentativo, riuscito, di creare valore all'interno di una grande azienda, all'epoca votata all'oblio. La forza che mi ha permesso di raggiungere determinati risultati è derivata dalla capacità ed dalla totale disponibilità locale per lavorare con obiettivi precisi e con lo spirito del team più che mai auspicato dai miei collaboratori.
Collaboratori con reattività mai ritrovata altrove. Mi piange il cuore sentire, perennemente, parlare di decacenza di un popolo che già mangiava con forchetta e coltello al tempo in cui noi, piemontesi, affondavamo ancora le mani nelle ciotole.
Da Ducatista desmotromico della prima ora penso sia giunto il momento per mollere il freno al fine di creare una mentalità acceleratrice che certa politica ha, da sempre, impedito.
Forza Napoli, davvero.
che bel blog!
tornerò a farci visita!
Eheh no l'immagine sopra i post è una foto del mio amato lago di Como!!
:D
Sono passato finalmente per il tuo blog. Ci ripasserò con più calma. Mi sembra interessante.
buon weekend e non pensare sempre al lavoro.... nella vita c'è anche altro
^_____________^
grande Napoli, Grande la Campania. con la buona giornata.
Maralai
Eppure io sono ottimista nonostante tutto: ci sono le condizioni per rialzare la testa e basta solo mandare a casa i bassolinisti...
Intelletuali campani:elettroencefalogramma piatto.Si è visto durante la gestione, da parte del governo, del problema della spazzatura.Si vede con il *Napoli 1799*, con l'elogio che ci fu delle *Notti Bianche*.Ma quale contatto con i problemi di Napoli e della Campania questi pseudointellettuali hanno mai avuto?
ciao, clem
Ho visto che sei entrato da me. Vorresti fare scambio link? Se accetti ti aspetto da me per dirmelo. Grazie
Sul concetto e sulla categoria in cui rientrerebbe l'"intellettuale", si potrebbe discutere a lungo. Ad esempio, io distinguerei comunque l'intellettuale dal giornalista, ancorché 'colto' (De Marco,Macry, etc.).
Comunque, gran parte degli intellettuali e della c.d. società civile, ha convissuto, convive o è asservita al 'sistema' locale. Niente moralismi, d'accordo, ma non lamentiamoci se anche quella 'parte'...tace sul futuro (?) della nostra terra.
Peraltro, ferme restando le valutazioni soggettive e volendo considerare le Opere e il lustro che intellettuali hanno dato (o dànno) alla nostra città...gli anni sono passati anche per persone dello spessore di un Gerardo Marotta; di un Giovanni Pugliese Carratelli; di un Aldo Masullo; di un Pasquale Colella. Sempre, soggettivamente... scrivendo, non mi vengono in mente, in questo momento, altri nomi, di persone viventi.
I...'giovani' intellettuali? Dove sono? Dove saranno? Avranno la forza di avere un ruolo propositivo e di tenere..."testa alta, schiena dritta"?
La mia impressione è che da parecchio tempo gli intellettuali abbiano smesso di fare il proprio mestiere per inseguire i politici politicanti...non solo a Napoli.
Ciao.
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