venerdì 8 maggio 2009

QUALI LE VERE LIBERTA'?

Oggi in Italia, tutti parlano di liberta'. Concetto usato e abusato, divenuto anche termine identificativo di partiti politici. Ma siamo davvero liberi nel nostro Paese?
Per portare esempi fattivi di tale principio, a cui oggi tutti tendono, vengono rappresentati e presi ad esempio, modelli politici presenti in altri paesi, democrazie moderne, evolute che rispetto la nostra, sono reali forme di convivenza civile, soprattutto per quanto riguarda i comportamenti dei loro protagonisti publici. Che dire. In Italia, viviamo un'epoca dove si sbandiera ai quattro venti il concetto di liberta', divenuto ormai inflazionato.
Come possiamo essere liberi in un paese governato dalle mafie, dove i politici sono collusi con tale sistema e da esso prendono il consenso? Come possiamo essere liberi in un paese dove si puo' essere ammazzati perche' derubati di pochi euro? Come possiamo essere liberi in un paese dove il narcotraffico controlla l'economia, gestisce lo spostamento dei migranti, investendo poi i proventi fuori dai confini, indebolendo in tale maniera due volte il nostro paese?
Viviamo ormai militarizzati. Ci sentiamo, ci illudiamo, di vivere piu' sicuri. La nostra liberta' e' maggiomente garantita dall'impiego diffuso delle forze dell'ordine - a breve ci saranno tagli per mancanza di risorse. Spesso, purtroppo, ho dovuto affermare che c'e' piu' liberta' in uno Stato militarizzato che in una democrazia epurata dei suoi fondamentali valori. Non so se cio' sia una conquista o una sconfitta.
Come possiamo essere liberi in un paese, dove il Vaticano influenza i nostri costumi, le nostre abitudini, i nostri orientamenti politici, facendo diventare il credo non piu' solo una componente della propria coscienza, ma un imput sociologico a cui far riferimento?
Come possiamo essere liberi in un paese dove un giornalista per fare un pezzo deve chiedere il parere del caporedattore, questo al direttore, quest'ultimo all'editore?
In tale Paese una moglie, solo perche' compagna dell'uomo riconosciuto come il piu' potente, e' priva di far sapere le sue intenzioni circa la volonta' di separarsi da lui. Mi domando: poteva fare altrimenti? Si poteva mai non sapere una cosa del genere? Non sarebbe finita lo stesso sui giornali? Non sarebbe partito ugualmente lo scoop? Forse il momento non era adatto. C'erano le elezioni. Ma qui da noi, siamo sempre in campagna elettorale, sia per come i nostri politici si approcciano reciprocamente, sia perche' davvero tra amministrative, comunali, provinciali, nazionali, referendum da noi si vota una volta l'anno.
Circa la liberta', quella insita in ciascun individuo, penso come ho spesso scritto sul mio blog ed anche sul facebook, oggi essa sia rappresentata dal tentativo di liberarsi appunto, dalla politica. In questo momento storico, rappresentato da un omogenizzazione del pensiero politico, da un appiatimento culturale, da un decadentismo socio-relazionale, l'unica certezza e' la riappropriazione delle singole coscienze soggettive. Non votare, deve essere inteso non come un comportamento di protesta politica ma come la materializzazione di una disobbedienza sociologica. Non un fenomeno ideologico quindi, ma l'espressione di un evoluzionismo sociale. Contare una volta tanto, vorra' dire non essere contati, come votanti. Recuperare il proprio io soggettivo, si tradurra' nella possibilita di decidere di non voler decidere. La politica con le sue regole ha preso piu' distanza dall'elettore. L'elettore puo' far sentire il prorio peso, prendendo le distanze dalla politica.
La politica sceglie i candidati, nel freddo degli uffici romani. Tali uffici possono sprofondare nel gelo, se le masse diserteranno le urne. Certo in Italia, disertare le urne e' un rischio. Non solo vieni etichettato come anarchico, ma data l'assoluta "libertà"... che regna nei seggi, la tua scheda e' un boccone troppo appettitoso per non essere mangiato...

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