mercoledì 15 maggio 2013

IL BUBBONE BERLUSCONI COPRE I VERI GUAI DEL PAESE

Ancora una volta, l'ennesima, il Paese si ferma in una sorta di ipnosi autoindotta, a guardare da spettatore alle vicende giudiziarie di Berlusconi.
In una situazione di crisi economica endemica, di stallo programmatico, di ricerca disperata di soluzioni per poter tamponare un'emorragia occupazionale ahime' cronica, che flagella in modo cinico e spietato milioni di cittadini, i media non sanno fare altro che propinare a mo' di soap opera, le pietose vicende del Cavaliere, un bubbone endemico che copre i veri guai del Paese.
Ne abbiamo piene le scatole di subire questa parodia squallida che ormai ha travolto in modo uniforme il nostro vivere quotidiano. Assistiamo alla rappresentazione di un neorealismo macabro, dove il nostro ruolo e' quello di spettatori inermi, per anni illusi da faraoniche promesse mai realizzate e che ora partecipano al crepuscolo di un leader che non riesce ad accettare il passare del tempo ed a metabolizzare i suoi conti in sospeso con la giustizia ma che, tuttavia, tiene ancora in ostaggio il Paese.
Gia' si ipotizzano vari scenari politici, alchemiche strategie per poter mantenere ancora in piedi il nuovo governo appena formato, una sorta di strategico inciucio costituzionale per non far dissolvere il vecchio carrozzone della politica tradizionale.
Mentre i partiti tradizionali cercano di ricompattarsi, ed i loro media di riferimento spendono ore nella sterile contrapposizione tra berlusconismo ed antiberlusconismo (superata nei fatti dagli stessi partiti contrapposti adesso alleati), c'e' chi riesce ancora a riempire le piazze, intercettando quel malcontento comune di chi e' davvero stufo di essere rappresentato da questi professionisti dello sfascio.
Gli anni passano, i governi si alternano ma nulla cambia, cosi come non muta la struttura, la vocazione, l'humus dei partiti tradizionali. E' una questione di tempo. La loro implosione e' prossima, cosi come la loro improponibilita' futura.
Come dei polipi dalle grosse ranfe, lasciamoli cuocere nella loro acqua, diventata ormai fetida.


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