Ad un anno dallo scoppio della crisi, la piu' dura dal 1929, come e' messa l'economia mondiale e quella nei nostri confini?
Dopo l'iniezione di capitali da parte delle banche centrali, espediente che di per se ha sconfitto materialmente la politica liberista, sancendone la sua fine, il sistema pare ancora arenato in una melmosa palude.
L'economia reale e' ancora ferma. La disoccupazione cresce, poiche' tante imprese non sono riuscite a superare il guado. Il debito pubblico delle economie dei paesi sviluppati non rallenta, quello statunitense addirittura aumenta, nonostante Obama, di 10 punti.
In Italia gli indici sono ancora preoccupanti, nonostante si dica che il peggio e' passato. Si e' portati ad affermare che i dati sono migliori degli altri paesi industrializzati nel decremento, solo che si dimentica che i nostri indicatori prima della crisi erano quelli piu' bassi. Quindi peggioriamo meno degli altri paesi industrializzati, solo perche' eravamo gia' in ritardo nei loro confronti.
La speculazione pero' non si ferma, basta pensare l'anomala crescita del prezzo dei metalli e del petrolio, nonostante la domanda degli stessi sia ancora molto bassa. Le banche infatti, rinfrancate dalle ricapitalizzazioni, utilizzano queste risorse fresche a costi vicino allo zero, prevalentemente verso quei titoli gassosi, gli stessi che hanno provacato l'esplosione di quella che era una grossa bolla speculativa basata sull'elargizione di un credito senza freni. Ancora una volta vediamo quale sia la differenza abissale tra economia finanziaria e quella reale.
In Italia, il sistema bancario e' uscito indenne dalla bufera, non tanto per le doti traumaturgiche del nostro governo ma perche' storicamente, nel nostro paese, c'erano due variabili fortemente caratterizzanti la vita degli istituti di credito. Da un lato un'alta propensione al risparmio delle famiglie, disintegrato durante quest'anno; dall'altro una bassissima propensione degli istitui bancari a concedere credito. Le nostre sono sempre state banche accumulatrici di ricchezza e non distributrici di credito.
Adesso pero', il sistema dovrebbe ripartire. Le famiglie sono allo stremo, le imprese pure. I soldi sono proprio finiti. Il Governo si limita a frenare le perdite, a tagliare le spese - perche' non si aboliscono le province? - ma non viene dato slancio all'economia. Fin quando non si fara' una coraggiosa manovra congiunta a favore delle imprese e delle famiglie, il sistema economico non prendera' il suo normale corso. Non ci si puo' piu' affidare a palliativi effimeri ed ingannevoli per far cassa e nemmeno a misure presocche' simboliche e mortificanti, per rinfrancare chi ha bisogno.
C'e' il rischio che le piazze non siano piu' occupate da chiassosi giullari o intellettuali girotondini. Questa volta, sara' il popolo a far sentire la sua voce.
Dopo l'iniezione di capitali da parte delle banche centrali, espediente che di per se ha sconfitto materialmente la politica liberista, sancendone la sua fine, il sistema pare ancora arenato in una melmosa palude.
L'economia reale e' ancora ferma. La disoccupazione cresce, poiche' tante imprese non sono riuscite a superare il guado. Il debito pubblico delle economie dei paesi sviluppati non rallenta, quello statunitense addirittura aumenta, nonostante Obama, di 10 punti.
In Italia gli indici sono ancora preoccupanti, nonostante si dica che il peggio e' passato. Si e' portati ad affermare che i dati sono migliori degli altri paesi industrializzati nel decremento, solo che si dimentica che i nostri indicatori prima della crisi erano quelli piu' bassi. Quindi peggioriamo meno degli altri paesi industrializzati, solo perche' eravamo gia' in ritardo nei loro confronti.
La speculazione pero' non si ferma, basta pensare l'anomala crescita del prezzo dei metalli e del petrolio, nonostante la domanda degli stessi sia ancora molto bassa. Le banche infatti, rinfrancate dalle ricapitalizzazioni, utilizzano queste risorse fresche a costi vicino allo zero, prevalentemente verso quei titoli gassosi, gli stessi che hanno provacato l'esplosione di quella che era una grossa bolla speculativa basata sull'elargizione di un credito senza freni. Ancora una volta vediamo quale sia la differenza abissale tra economia finanziaria e quella reale.
In Italia, il sistema bancario e' uscito indenne dalla bufera, non tanto per le doti traumaturgiche del nostro governo ma perche' storicamente, nel nostro paese, c'erano due variabili fortemente caratterizzanti la vita degli istituti di credito. Da un lato un'alta propensione al risparmio delle famiglie, disintegrato durante quest'anno; dall'altro una bassissima propensione degli istitui bancari a concedere credito. Le nostre sono sempre state banche accumulatrici di ricchezza e non distributrici di credito.
Adesso pero', il sistema dovrebbe ripartire. Le famiglie sono allo stremo, le imprese pure. I soldi sono proprio finiti. Il Governo si limita a frenare le perdite, a tagliare le spese - perche' non si aboliscono le province? - ma non viene dato slancio all'economia. Fin quando non si fara' una coraggiosa manovra congiunta a favore delle imprese e delle famiglie, il sistema economico non prendera' il suo normale corso. Non ci si puo' piu' affidare a palliativi effimeri ed ingannevoli per far cassa e nemmeno a misure presocche' simboliche e mortificanti, per rinfrancare chi ha bisogno.
C'e' il rischio che le piazze non siano piu' occupate da chiassosi giullari o intellettuali girotondini. Questa volta, sara' il popolo a far sentire la sua voce.
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