Forse inaspettato, sicuramente meritato, fortemente significativo, il premio Nobel per la pace conferito al neo Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, onoreficenza conferita con giudizio unanime.
Premiato il suo assiduo impegno profuso nel disarmo nucleare, portato avanti con costante opera diplomatica.
Dietro questo nobile traguardo, viene altresì riconosciuta la volonta' del Presidente di riavvicinare i popoli attraverso una nuova intesa interculturale, multietnica e policonfessionale. La figura del Presidente, la sua storia, il suo indiscusso carisma, simboleggiano ed impersonificano, tali peculiarita'.
La sua stessa nomina, e' stata sintesi e rappresentazione materiale del nuovo sogno americano, avendo in se tutti i presupposti per poter vedere finalmente attuato tale ambizioso ed epocale obiettivo.
Obama tuttavia, e' salito alla ribalta, in un momento storico denso di traversie e per questo motivo, particolarmente delicato. Si e' insediato alla Casa Bianca all'indomani dello scoppio della crisi economica piu' devastante dal lontabno 1929. Ha dovuto affrontare le conseguenze del logorante conflitto Iracheno e del perdurare ormai cronicizzato, di quello Afghano.
Obama ha cercato di cambiar strategia, puntando maggiormente alla diplomazia che allo scontro.
Molto ancora c'e' da fare in tal senso, ma il solco del cambiamento, e' stato tracciato.
Il Nobel gli conferisce molto onore e prestigio ma al tempo stesso, anche maggiori responsabilita'.
Il presidente degli Stati Uniti deve affrontare il problema interno relativo al nuovo piano sanitario. Alcuni ostacoli si intravedono in tal senso. Forse gli impegni e le promesse fatte in campagna elettorale, non potranno essere rispettati nel breve. La garanzia di una sanita' accessibile a tutti, non e' ancora praticabile in forma estesa.
Un' altra questione mai affrontata, neanche in campagna elettorale, e' il mantenimento della pena di morte in molti stati della confederazione. Il Presidente di un paese che si batte per il disarmo nucleare, dovrebbe altresi' sposare tale nobile battaglia.
Poi c'e' la questione Tibet. Da alcuni giorni si e' venuti a conoscenza che nella prossima visita ufficiale del Presidente americano in Cina, verra' evitata qualsiasi forma di contatto con il Dalai Lama. Se nei giorni scorsi, per Obama cio' rappresentava innanzitutto una palese forma di smisurata sudditanza verso il gigante asiatico, oggi in virtu' dell'assegnazione dell'importante onoreficenza e della concomitante presenza del leader spirituale ad Washington, sembra ancor piu' imbarazzante il fatto che il vincitore di un Nobel per la pace, eviti di incontrarne un altro.
Premiato il suo assiduo impegno profuso nel disarmo nucleare, portato avanti con costante opera diplomatica.
Dietro questo nobile traguardo, viene altresì riconosciuta la volonta' del Presidente di riavvicinare i popoli attraverso una nuova intesa interculturale, multietnica e policonfessionale. La figura del Presidente, la sua storia, il suo indiscusso carisma, simboleggiano ed impersonificano, tali peculiarita'.
La sua stessa nomina, e' stata sintesi e rappresentazione materiale del nuovo sogno americano, avendo in se tutti i presupposti per poter vedere finalmente attuato tale ambizioso ed epocale obiettivo.
Obama tuttavia, e' salito alla ribalta, in un momento storico denso di traversie e per questo motivo, particolarmente delicato. Si e' insediato alla Casa Bianca all'indomani dello scoppio della crisi economica piu' devastante dal lontabno 1929. Ha dovuto affrontare le conseguenze del logorante conflitto Iracheno e del perdurare ormai cronicizzato, di quello Afghano.
Obama ha cercato di cambiar strategia, puntando maggiormente alla diplomazia che allo scontro.
Molto ancora c'e' da fare in tal senso, ma il solco del cambiamento, e' stato tracciato.
Il Nobel gli conferisce molto onore e prestigio ma al tempo stesso, anche maggiori responsabilita'.
Il presidente degli Stati Uniti deve affrontare il problema interno relativo al nuovo piano sanitario. Alcuni ostacoli si intravedono in tal senso. Forse gli impegni e le promesse fatte in campagna elettorale, non potranno essere rispettati nel breve. La garanzia di una sanita' accessibile a tutti, non e' ancora praticabile in forma estesa.
Un' altra questione mai affrontata, neanche in campagna elettorale, e' il mantenimento della pena di morte in molti stati della confederazione. Il Presidente di un paese che si batte per il disarmo nucleare, dovrebbe altresi' sposare tale nobile battaglia.
Poi c'e' la questione Tibet. Da alcuni giorni si e' venuti a conoscenza che nella prossima visita ufficiale del Presidente americano in Cina, verra' evitata qualsiasi forma di contatto con il Dalai Lama. Se nei giorni scorsi, per Obama cio' rappresentava innanzitutto una palese forma di smisurata sudditanza verso il gigante asiatico, oggi in virtu' dell'assegnazione dell'importante onoreficenza e della concomitante presenza del leader spirituale ad Washington, sembra ancor piu' imbarazzante il fatto che il vincitore di un Nobel per la pace, eviti di incontrarne un altro.
2 commenti:
Sono contenta per Obama...
lo merità perchè come hanno detto, ha cambiato il volto dell'America.
Posta un commento